martedì 19 giugno 2012

Il mondo dice Sfigati ...noi diciamo BEATI...!

di Salvatore Cernuzio A volte Dio come un buon giardiniere scende nel suo orto per controllare i fiori che ha piantato e se trova uno particolarmente bello, lo prende con Sé e lo porta nella Sua casa. È successo proprio questo oggi, nella chiesa di Santa Francesca Romana, nella zona Ardeatina della Capitale, dove si è celebrato il funerale, anzi la “nascita al Cielo” della giovane Chiara Petrillo, dopo una sofferenza di circa due anni provocate da un tumore. Una cerimonia tutt’altro che funebre: una grande festa a cui hanno preso parte circa mille persone che hanno occupato la chiesa fino ai matronei più alti, cantando, suonando, applaudendo e pregando dall’ingresso della bara fino alla sua uscita. È una storia straordinaria quella di Chiara, che in questi giorni sta girando in tutti i canali della rete, tanto che il video su Youtube - Testimonianza di Enrico e Chiara - ha registrato più di 500 visualizzazioni in un solo giorno. Non si può restare impassibili di fronte a questa storia di santità dei nostri giorni. Una storia che merita di essere conosciuta e raccontata, come hanno scritto molti utenti nei loro commenti, perché è una dimostrazione di come sia possibile realizzare oggi le parole di Giovanni Paolo II quando disse: “Tutti possono aspirare alla santità, la misura alta della nostra vita quotidiana”. Soprattutto è la prova che, nonostante siamo immersi oggi in una società egoista che insegna a salvaguardare il proprio benessere prima di ogni altra cosa, c’è ancora chi, con la forza della fede, è capace di morire per l’altro, di sacrificare la propria vita pur di permettere ad una nuova di nascere. Questa ragazza romana di soli 28 anni, bella, solare, con il sorriso sempre sulle labbra, è morta, infatti, per aver rimandato le cure che avrebbero potuto salvarla, pur di portare a termine la gravidanza del suo Francesco, un bambino atteso fin dal primo momento del suo matrimonio con Enrico. Non era la prima gravidanza di Chiara. Pochi mesi dopo le nozze, la ragazza era rimasta incinta di Maria, una bimba a cui sin dalle prime ecografie, era stata diagnosticata un’anencefalia, ovvero una malformazione congenita per cui sarebbe nata priva totalmente o parzialmente dell’encefalo. I due giovani sposi accolsero senza alcuna esitazione questa nuova vita come un dono di Dio, nonostante i medici avessero tentato più volte di farli desistere. E gioirono per tutti i 30 minuti di vita della piccola, celebrando il battesimo e accompagnandola nella sua «nascita in cielo». Alcuni mesi dopo, una nuova gravidanza. Anche in questo caso, però, la gioia della notizia venne minata dalle prime ecografie che non facevano presagire nulla di positivo. Il bimbo, un maschietto di nome Davide, sarebbe nato senza gli arti inferiori. Armati dalla fede e dall’amore che ha sempre sorretto il loro matrimonio, i due sposi decisero di portare a termine la gravidanza. Una scelta “incosciente e ostinata” ha scritto qualcuno sul web, ma sicuramente una scelta di fede, frutto della convinzione che le chiavi della vita e della morte sono custodite solo da Dio. Verso il settimo mese, una nuova ecografia rivelava delle malformazioni viscerali con assenza degli arti inferiori per il piccolo Davide. “Il bambino è incompatibile alla vita” era la sentenza. Incompatibile forse alla vita terrestre, ma non a quella celeste. La coppia infatti ha atteso la nascita del bambino, il 24 giugno 2010, e dopo aver celebrato subito il suo battesimo, ha accompagnato con la preghiera la sua breve vita fino all’ultimo respiro. Sofferenze, traumi, senso di scoraggiamento, ma Chiara ed Enrico non si sono mai chiusi alla vita, tanto che dopo qualche tempo arrivò un’altra gravidanza: Francesco. Questa volta le ecografie confermavano la buona salute del bimbo, tuttavia al quinto mese a Chiara i medici diagnosticarono una lesione della lingua che dopo un primo intervento, si confermò essere la peggiore delle ipotesi:  un carcinoma. Da lì in poi una serie di combattimenti. Chiara e il marito, però, non hanno perso la fede e “alleandosi” con Dio decisero ancora una volta di dire sì alla vita. Chiara difese Francesco senza alcun ripensamento e, pur correndo un grave rischio, rimandò le cure portando avanti la maternità. Solo dopo il parto, infatti, la giovane potè sottoporsi a un nuovo intervento chirurgico più radicale e poi ai successivi cicli di chemio e radioterapia. Francesco è nato sano e bello il 30 maggio 2011; ma Chiara, consumata nel corpo fino a perdere anche la vista dell’occhio destro, dopo un anno, non ce l’ha fatta. Mercoledì, verso mezzogiorno, circondata da parenti e amici, ha terminato la battaglia contro il “drago” che la perseguitava, come lei definiva il tumore, in riferimento alla lettura dell’Apocalisse. Come, però, si legge nella medesima lettura – scelta non a caso nella cerimonia funebre – una donna ha sconfitto il drago. Chiara, infatti, avrà perso il suo combattimento terreno, ma ha vinto la vita eterna e ha donato a noi tutti una vera testimonianza di santità. “Una seconda Gianna Beretta Molla” l’ha definita il cardinale vicario, Agostino Vallini, che ha voluto omaggiare con la sua presenza Chiara, che aveva conosciuto qualche mese fa insieme a Enrico. “La vita è come un ricamo di cui noi vediamo il rovescio, la parte disordinata e piena di fili – ha detto il porporato – di tanto in tanto, però la fede ci permette di vedere un lembo della parte dritta”. È il caso di Chiara secondo il cardinale: “una grande lezione di vita, una luce, frutto di un meraviglioso disegno divino che ci sfugge, ma che c’è”. “Io non so cosa Dio abbia preparato per noi attraverso questa donna” ha soggiunto, “ma è sicuramente qualcosa che non possiamo perdere; perciò raccogliamo questa eredità che ci ricorda di dare il giusto valore ad ogni piccolo o grande gesto quotidiano”. “Questa mattina stiamo vivendo, quello che 2000 anni fa visse il centurione, quando vedendo morire Gesù disse: Costui era veramente figlio di Dio” ha detto invece nella sua omelia frate Vito, giovane francescano, conosciuto ad Assisi, che ha assistito spiritualmente Chiara e la sua famiglia nell’ultimo periodo, trasferendosi anche nella loro casa. “La morte di Chiara è stata il compimento di una preghiera” ha proseguito. La giovane, difatti, ha raccontato il frate, “dopo la diagnosi medica del 4 aprile che la dichiarava ‘malata terminale’, ha chiesto un miracolo: non la guarigione, ma di far vivere questi momenti di malattia e sofferenza nella pace a lei e alle persone più vicine”. “E noi – ha detto ancora frate Vito, visibilmente emozionato – abbiamo visto morire una donna non solo serena, ma felice”. Una donna che ha vissuto spendendo la sua vita per l’amore agli altri, arrivando a confidare ad Enrico “forse la guarigione in fondo non la voglio, un marito felice e un bambino sereno senza la mamma rappresentano una testimonianza più grande rispetto ad una donna che ha superato una malattia. Una testimonianza che potrebbe salvare tante persone…”. A questa fede Chiara è arrivata pian piano, ha precisato frate Vito, “seguendo la regola appresa ad Assisi dai francescani che tanto amava: piccoli passi possibili”. Un modo, ha spiegato, “per affrontare la paura del passato e del futuro di fronte ai grandi eventi, e che insegna a cominciare dalle piccole cose. Noi non possiamo trasformare l’acqua in vino, ma iniziare a riempire le giare. Chiara credeva in questo e ciò l’ha aiutata a vivere una buona vita e quindi una buona morte, passo dopo passo”. Un grande passo, però, ora Chiara l’ha compiuto: il matrimonio celeste con il suo Sposo “pronto per lei” – come cantavano i giovani del suo gruppo parrocchiale – tanto che per l’occasione nella bara era vestita con il suo abito nuziale. Chiara, ora, potrà “accudire i suoi Maria e Davide” e “pregare per Francesco” come scriveva nella lettera lasciata a suo figlio, letta oggi da Enrico. E tutti noi, così come questa mattina abbiamo portato via dalla Chiesa una piantina – per volontà di Chiara che non voleva fiori al suo funerale, ma che ognuno ricevesse un dono – portiamo nel cuore un “pezzetto” di questa testimonianza, pregando e chiedendo la grazia a questa giovane donna che forse un domani chiameremo Beata Chiara Corbella.

martedì 5 giugno 2012

Thousands of Families in Milan confirm their vocation to serve the New Evangelisation

On the afternoon of Sunday the 3rd, more than 100,000 members of the Neocatechumenal Way attended a Vocational Meeting for Families in Milan, with Kiko Argüello and Carmen Hernandez, the initiators of the Way. Under a gray north European sky, the Neocatechumenal families are not afraid of the rain. They’ve experienced it in Madrid, in Toronto, and in many other pilgrimages around the world, following the Pope. All forecasts say that is going to rain, and if it has to rain, then let it rain. But the joy on the faces of the children, tired but still smiling, encourages their parents to face any odds.


100,000 members of the Neocatechumenal Way came to Milan from all around the world, to testify to their calling to form a Christian Family. In a time of economic crisis, why spend money on a pilgrimage? Why leave everything behind, facing the difficulties of a weekend abroad, traveling with little children – which we all know are sometimes not that easy to guide? It is the Sunday of the Holy Trinity, a week after Pentecost, and maybe it’s the work of the Holy Spirit, that gentle breeze which can be strong as a tornado when it brings everything and everyone in movement.
Buses are coming from all European countries. Many have traveled during the night, their eyes bearing the marks of an uncomfortable ride. Yet they are here, marching together towards the area of the new Milan Fair, singing. In every family there are one or two children who carry a guitar, proud to imitate their father, the cantor. Every group bears a cross and an icon of the Virgin Mary, painted by the initiator of the Neocatechumenal Way. On the painting, Mary is looking in the same direction as her Son, while whispering these words, written on the canvas: “Make Christian communities like the Holy Family of Nazareth, that may live in simplicity, humility and praise, where the other is Christ”.
During his homily on this same Sunday morning, the Pope addressed these families with words of encouragement that confirmed them in this mission: “Dear married couples, by means of a special gift of the Holy Spirit, Christ gives you a share in his spousal love, making you a sign of his faithful and all-embracing love for the Church. If you can receive this gift, renewing your ‘yes’ each day by faith, with the strength that comes from the grace of the sacrament, then your family will grow in God’s love according to the model of the Holy Family of Nazareth”. In the third millennium, the New Evangelisation needs the testimony of the Christian family, especially in those countries in whichsecularisation has caused the Church and Christian values to disappear from the horizon of people’s lives. The Christian family that “grows in God’s love according to the model of the Holy Family of Nazareth” is an icon of the Church herself, making the love of God present and visible .



Kiko Argüello, the initiator of the Way together with Carmen Hernandez, rejoices at the sight of the crowd. Many are the bishops and the cardinals that want to participate in this vocational meeting; among them is the Archbishop of Pretoria William Slattery, happy to join the Neocatechumenal families that came with him: Dino and Roberta Furgione, responsibles of the Way for Southern Africa, together with their six children; and Michael and Natalie Eckard from Belhar, Cape Town, with their six children.  After a liturgy of the Word, and the proclamation of the Gospel, the crowd listens attentively to the words of the Cardinal of Sydney, George Pell: “The Way is showing us that a family can’t live its faith alone, isolated, but needs to be inserted in a community of families”.

While the sky turns to dusk, the emotion of the families grows deep and the silence is stunning. After some words of encouragement, Kiko asks all the families who feel the call to follow the Lord in the New Evangelisation, to stand up and confirm this calling by coming on the stage, to receive a blessing from one of the bishops. An unbelievable crowd of 2,000 families, together with all their children, begins a procession to the stage, some in tears, some struck by an incomprehensible joy. It is like a river, flowing on the stage. Among them, also the South Africans Michael and Natalie chose to give their ‘yes’ to the Lord. These young families are willing to go in mission to the earth's remotest ends to live their faith in the midst of today’s secularised society, announcing the good news without fear.
These families are going to undergo a profound discernment of their vocations, and when the time is ripe – and especially when the parents will be in communion with all of the children – the family will sail away towards the ports of the New Evangelisation, the mission ad gentes (‘to the nations’) of this new millennium.




Kiko also announced a special vocational call for the evangelization of the far eastern countries: 300 young men gave their availability to serve this mission by entering a seminary; and 200 girls responded by accepting the call to consecrated life.


The South African Delegation with Arcbishop William Slattery OFM in front of Duomo

Archbishop greeting children before leaving Milan for Ireland ( Eucharistic Congress )