Il medico di base si sceglie liberamente, gli insegnanti per i figli no. Il professionista che assume la moglie nello studio non può dedurre dalla dichiarazione dei redditi il costo delle retribuzioni e dei contributi; se invece assume l’amante sì. È prevista l’obiezione di coscienza per la sperimentazione sugli animali, non per quella sugli embrioni. L’aborto è a carico del Servizio sanitario nazionale e si esegue il prima possibile, l’ecografia è a pagamento (quanto meno per il ticket) e ci si mette in lista d’attesa. L’elenco è lungo e, dopo la celebrazione della “giornata contro l’omofobia” – ennesima solfa di rivendicazioni gender –, è più che sufficiente per gridare contro le discriminazioni antifamiliari.
Ed è paradossale che si tenti di attribuire rilievo istituzionale, pubblicistico, alle unioni di fatto (in particolare omosessuali), mentre si procede nella de-istituzionalizzazione della famiglia; per esempio per mezzo del potere giudiziario, con interventi sempre più invasivi sui conflitti tra coniugi, tra genitori e figli e tra i figli stessi, nella prospettiva della prevalenza dell’interesse dei singoli su quello della famiglia. Di fronte alla “privatizzazione” della famiglia, parallela alla “pubblicizzazione” delle convivenze, urge un Family pride.
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